Per primo abbiamo chiesto: Cos’è che ha spinto tanti giovani a seguirlo?
Testimonianze
Don Stefano Gerbaudo nasce a Centallo nel 1909 e muore a Fossano il 28 settembre 1950; appena 41 anni di vita, tutti spesi per le anime, in parrocchia, poi tra i seminaristi e le Giovani dell’ Azione Cattolica.
Entra in seminario a 14 anni. E’ sostenuto dal fermo proposito di essere “sacerdote santo a qualunque costo” .
Ecco la figura di “sacerdote santo” che emerge da alcune testimonianze inedite raccolte per il film documentario in lavorazione.
Don Stefano:
- un prete giovane che ha dato la vita per i giovani;
- un prete di preghiera, un prete povero, che si è fatto santo giorno per giorno, a piccoli passi – “a pochitus – a pochitus” -;
- un prete eroico nel fidarsi ciecamente dell'amore del Signore.
- Don Stefano un prete giovane dei giovani
“...Ecco, so questo: la gente per lui fu soprattutto la gioventù femminile e la gioventù femminile allora seguiva con intensità, seguiva con fedeltà, seguiva con generosità la sua chiamata alla santità.
Questo lo posso testimoniare... qualche volta noi seminaristi ci lamentavamo anche un po’ perché non aveva tanto tempo per noi, ma sapevamo che il suo tempo era dato per la Santità di questa gioventù....”
“....Le giovani frequentavano proprio tanto. L'azione cattolica lavorava molto bene, però possiamo dire proprio grazie al lavoro di approfondimento, al lavoro di formazione, di preghiera che ci faceva fare...”
“... l'ho conosciuto alla Scuola di Propaganda.... mi ha subito interessato il suo modo di fare, la sua gentilezza, soprattutto il suo senso di puntualità...”
“...Per me prima di tutto è proprio la sua vita, è lui... lui come era, come viveva il suo sacerdozio, come viveva il suo rapporto con le persone, con noi dell’Azione Cattolica, nelle parrocchie... La sua preghiera, la sua preghiera...”
“... quello che ricordo di più è questo: l’ho sempre visto sereno, calmo, mai alterato, mai, mai, anche se c’erano dei motivi. Il lavoro anche per lui era tanto, non aveva solo i chierici, i seminaristi, ma l’Azione Cattolica Gioventù Femminile che allora dava tanto lavoro fruttuoso: quante missionarie formate da lui sono partite per il terzo mondo o sono rimaste in diocesi al pieno servizio totale del Signore e della chiesa ...”
“...Perché lui non aveva timore di presentare la vocazione, di testimoniare che lui era un sacerdote felice, che era un sacerdote contento, che era un sacerdote che della sua vita non poteva sognare di più. Lui dava la testimonianza di questo e dando la testimonianza c'era chi lo seguiva...”
“...Aveva un carisma speciale proprio per l'avvicinamento alle persone. Direi che, in poco tempo che è stato nella nostra parrocchia, ha saputo avvicinare davvero non solo i giovani, ma anche gli adulti, gli anziani...”
“...Lui per se stesso era di una esigenza grandissima. Sapevo che faceva uso di cilici a volontà e, quando poteva, chiedeva un pochettino di vita di sacrifici anche a noi, che poi eravamo giovanissime, ma non ci lasciava dormire.
Davvero era una sveglia continua, ma una sveglia che sapeva dove ci voleva accompagnare: nel dono totale. "Via le mezze misure!", "Puntate in alto...". Proprio questo era un suo modo di avvicinarci e di aiutarci a crescere spiritualmente e anche umanamente.
E allo stesso tempo, ripeto, era l'uomo della tenerezza, della dolcezza che davvero accattivava la nostra presenza ai suoi incontri...”
“... Ma più che il proporre con le parole era la proposta della sua vita. Sapevamo che lui cercava la Santità; che lui, lavorando in mezzo alla gioventù o a noi chierici, cercava, non pretendeva, ma cercava di donare la Santità, di offrire la strada della Santità, di formare dei cuori che sapessero dire di sì al Signore con gioia, con fiducia, con apertura...”
“...Nel 1933 entrai in seminario a Fossano per la seconda ginnasio e là mi incontrai subito con il chierico Stefano Gerbaudo che allora faceva da prefetto, che sarebbe... come capo del gruppo dei chierici.
Mi sono subito incontrato con lui ... è stato per me un impatto stupendo, meraviglioso.
Aveva un bell'aspetto, anche di volto. Un volto bello, accogliente, sorridente, sereno, e per questo accattivava la nostra attenzione e il nostro affetto. Avevamo subito avuto verso di lui tanta, tanta, tanta confidenza...”
“...Io guardavo a lui, più ancora che alle parole; guardavo a lui al suo esempio, al suo modo di trattare, al suo modo di essere, al suo modo di contattare gli altri, al suo modo di trattare i chierici, al suo modo di trattare la gioventù femminile ...”
“...Era intelligente, capiva...appena io aprivo bocca lui aveva già capito tutto.... Veramente il Signore gli ha dato delle grazie particolarissime perché, siamo sinceri, a quell'età li, a 24, 25, 26 anni, avere già una maturità, una posatezza come aveva lui era un dono speciale, un carisma...”
“...Un uomo che ascoltava; ...un uomo che più che con le parole era con l’atteggiamento, un atteggiamento sereno, un atteggiamento di vita interiore profonda, un atteggiamento che sembrava, ecco, di parlare con il Signore, come quando Gesù si è incontrato con la gente...”
“... la sua calma. Mai alterato. La calma accompagnata da interiorità, per cui quando noi parlavamo con lui, ci confidavamo, sapevamo che parlavamo con un uomo di Dio e ci dava le risposte di Dio. Non solo risposte umane, ma ci aiutava a rapportarci con il Signore come un amico, a rapportarci con dedizione, con attenzione e con tutta la nostra vita.
Chiedeva a noi non poco, ma tanto, tanto nella preghiera, nel sacrificio, nel silenzio, nell’accettare la volontà di Dio attraverso i superiori.
Ma quello che chiedeva a noi lo faceva lui per primo...”
“...È quello, sì. Lui era un vero sacerdote, cioè l’uomo di Dio che prima di insegnare viveva lui, viveva lui la sua amicizia con il Signore, viveva lui la preghiera, viveva lui la disponibilità di tutta la sua vita messa al servizio del prossimo...”
“...lui era molto riservato, era molto riservato. Cioè non era una piazza, ma era un monastero. Entrare in questo monastero della sua vita interiore non era facile. Quelle cose che lui faceva, le faceva con tanta semplicità, ma anche... nascosto, non per fare trionfalismo. Non avrebbe avuto questo servizio fotografico, no, lui non si sarebbe seduto qui al mio posto, era più riservato...”
Domanda: perché i giovani lo seguivano anche se lui chiedeva molto? e cosa direbbe don Stefano ai giovani di oggi?
“...Io credo che direbbe quel che diceva allora. Soprattutto proporrebbe se stesso come amico e compagno di viaggio, perché l’importante è saper lasciarsi accompagnare.
L’importante, quando uno trova la mano di Dio concretizzata in una mano umana, è saperla prendere e seguirla. Seguirla anche con gioia, perché... non lasciava dubbi, non lasciava dubbi, bisognava avere il coraggio che aveva lui, la generosità che aveva lui nel dire sì al Signore...”
“...Io penso che forse cambiando alcune cose esterne, il modo di dire, eccetera, però lui non cambierebbe assolutamente niente nella presentazione della volontà del Signore. Cioè, chiederebbe oggi quello che chiedeva allora: questa disponibilità a sentire in fondo, dentro di noi, qual è la volontà del Signore...”
“...Secondo me metterebbe molto in chiaro, in evidenza, gli ideali. Perché senza ideali non si vive e l'ideale è ciò che ti illumina la mente e il cuore. E allora diventa credibile presentare un ideale...quando tu vedi un sacerdote, la vita di un sacerdote che è fatta per gli altri, è fatta per amare, è fatta per perdonare, è fatta per aiutare ....
Quindi ai giovani bisogna dare delle idealità. Direbbe le parole belle che abbiamo sentito dal Papa: "Non abbiate paura". I giovani hanno paura di essere cristiani, perché essere cristiani vuol dire impegnarsi...”
“...Don Stefano Gerbaudo chiederebbe tutto come ha chiesto tutto anche a noi. E sarebbe intraprendente e li farebbe pregare di giorno e di notte.
Ma lui, lui ci dava l'esempio. Non diceva: "Fate!", ma: "Facciamo!". Lui ci dava l'esempio...”
“...Io penso che, poiché ci voleva moderne, non ricercate, ma moderne, penso che andrebbe loro incontro con il suo linguaggio adatto al linguaggio di oggi, senza smentire però quelli che sono i valori. Perché la santità si conquista!...”
“...Io credo che ai giovani di oggi direbbe ancora questo: "Non lasciatevi distrarre da quello che avete attorno, le cose materiali che avete attorno, la ricchezza, la comodità... non lasciatevi distrarre, concentratevi". E quel "concentratevi" mi sembra che era venuto da qualche testimone. Che chiedesse di concentrarsi in se stessi, e: "Allora lì scoprite la volontà di Dio".
Don Stefano un prete di intensa preghiera
“...l’ uomo innamorato dell'Eucaristia, che ha consumato le ginocchia a pregare...”
Nella recente ricognizione dei resti mortali i medici hanno detto, e l’hanno documentato nella relazione per causa di beatificazione, che le rotule erano consumate per eccessivo inginocchiamento.
"...Ecco, la famiglia di Don Gerbaudo si è formata sulla preghiera di Don Gerbaudo..."
“...Era qualche cosa che ti attirava, perché era l'atteggiamento di un rapporto con una persona presente, anche l'adorazione. Ricordo che qualche volta lo vedevamo in presbiterio inginocchiato davanti all'altare, ed era così... era un atteggiamento che ti aiutava proprio a fermarti e a pregare. Anche il grande amore a Maria...”
“...Quindi diceva: "Siete giovani, dovete puntare in alto, ma non nelle nuvole, in Alto con la lettera maiuscola”. Ci aiutava a scoprire i valori della preghiera, soprattutto dell'amore a Maria, dell'adorazione.
Su questi valori ha messo un po' le basi a un cammino di formazione duraturo, che ha portato tante giovani a formarsi delle belle famiglie, tante altre che hanno scelto la vita consacrata, che non è nata così, ma è nata perché è stata scoperta da lui...”
“...Ecco, lo vedevamo sovente in adorazione in cappella, sovente, specialmente nelle ore della nostra scuola. E poi... una preghiera silenziosa, una preghiera di contemplazione, una preghiera di attenzione al Signore e anche di attenzione dal Signore a lui, perché l’attenzione è doppia. ...
E qui devo dire che l’ho visto molto di più a pregare che a lavorare.
Lui dava proprio il senso perfetto dell'uomo della contemplazione...”
“... Ecco, per presto che andassero in chiesa, i seminaristi lo trovavano sempre là che pregava... Era sempre il primo ad andare a pregare...”
“...La corona del Rosario, lì, appesa al manubrio della bicicletta, che voleva dire: "Continuiamo, la vita continua e la preghiera continua..."
“...Quante volte abbiamo partecipato, dietro suo invito, a ore di adorazione nella nostra parrocchietta (San Vittore), dove lui veniva come curato festivo. Lui arrivava al sabato pomeriggio e ci teneva una riunione come giovani di Azione Cattolica, e poi alla sera, dopo cena, ci invitava a venire a fare un'ora di adorazione nella chiesa per prepararci alla messa della domenica. E quell'ora di adorazione era un'ora di intimità con il Signore...
Poi ci invitava a entrare nel presbiterio, a inginocchiarci attorno all'altare. Cosa insolita a quei tempi: una donna non entrava nel presbiterio, vicino al Santissimo. Ecco, lui ci invitava perché dovevamo essere più vicine al Signore...E quindi, per noi che eravamo giovanissime, era un'ora di paradiso e andavamo via ricaricate, perché lui pregava e faceva pregare anche noi...”
“...Una volta la settimana ci invitava a partecipare a Centallo alla Messa del mattino presto... Quindi dovevamo andare in bicicletta, un freddo boia, ciò nonostante ci chiedeva anche: "Se ce la fate non usate i guanti, offrite questo piccolo sacrificio per i seminaristi e per i sacerdoti” perché fossero davvero uomini di Dio, uomini di santità. Chiedeva anche a noi di essere sante! :"Mai le mezze misure "; per lui la “totalità del dono” era la cosa che più ci spronava a realizzare, ecco ad essere molto generose...”
Ricordo che qualche volta, mentre andavo a fare le commissioni in paese, passavo in chiesa e trovavo don Gerbaudo inginocchiato, in preghiera, assorto. Non se ne accorgeva che qualcuno entrasse in chiesa o che qualcuno lo guardasse: era assorto, era praticamente in contemplazione.
Quindi questo suo modo di rapportarsi al Signore, questa sua contemplazione ci attirava enormemente.
Quindi la sua era proprio una preghiera che attirava le persone, anche quelle che, in qualche modo, potevano dubitare che fosse una preghiera...”
“...Poi la capacità - questo proprio mi ha colpito -, la capacità di intuire quale fosse la volontà del Signore per ciascuno, la strada che ciascuno avrebbe dovuto percorrere. Questo a me sembra proprio un vertice in chi deve dirigere spiritualmente le anime: capire dove il Signore li vuole portare.
Questa è un'altra delle cose che mi ha fatto chiedere: dove l'ha preso? Probabilmente quelle ginocchia non si sono consumate invano. Era la sua preghiera che lo portava lì, è quanto basta!...”
Don Stefano un prete povero
“...Era già il segno della povertà la sua camera. Perché proprio l'essenziale... ecco, neanche l'essenziale aveva. Ambiente freddo, ambiente, diremmo così, isolato: un guardaroba, il letto, due sedie, un inginocchiatoio.
Gli hanno portato un divano: il giorno dopo era già nella casa di una famiglia che ne aveva bisogno.
I fratelli gli hanno portato un armadio: ”Lasciatelo li sotto, domani lo faccio portare su”. Domani una persona bisognosa è andata a prenderlo...”
“...Mi ha colpito allora un particolare: che per rivestire la salma sono dovuti ricorrere alla camicia di un confratello. Poi mi hanno detto che non è che proprio la camicia non ci fosse, probabilmente gli hanno dato una camicia più decorosa, perché quelle che portava lui probabilmente erano tutte rattoppate, rattoppate magari da lui stesso...”
“...Mi aveva colpito questo senso della povertà materiale. Poi andando avanti ho scoperto la ricchezza interiore che, come materialmente era povero, cioè distaccato assolutamente da tutto, interiormente aveva una ricchezza straordinaria...”
“...La sua generosità, ecco. Una cosa anche che proprio mi ha sempre stupita era la sua generosità. Che poi io vedevo solo la sua generosità esterna... ma che mi ha poi fatto capire che questa era solo la manifestazione della sua generosità interna, quella che l'ha portato anche a fare la sua offerta totale, l’offerta della sua vita...”
“...Mi hanno detto che non aveva in tasca se non i soldi per pagare il treno da Fossano a Centallo e ha trovato una donna che doveva andare da Fossano a Cuneo perché il marito era in ospedale, doveva andare e non aveva i soldi. Don Stefano gli ha dato i suoi, così questa ha potuto andare. Ecco, questa è una generosità, ma di quelle (concrete).
Ma il problema è che lui tutta la vita la viveva così, tutta...”
“...Se aveva quattro soldi li dava a sti poveri ragazzi che faticavano a andare avanti. E se aveva della roba gliela dava. Tua mamma diceva: "Gli ho fatto quel maglione, ho messo quasi un chilo di lana perché fosse bello spesso, caldo... E... non lo so se l’ha messo una volta o no, in ogni caso non ce l'ha più...”
“...Credo che... quando riceveva un'offerta, dalla mano destra passava alla sinistra e subito in mano di qualche persona povera, subito, subito. Credo che abbia mai tenuto per sé un centesimo. Tutto quello che riceveva era per dare. E questo ce lo diceva anche a noi: "Non siamo fatti per avere, siamo fatti per donare...".
“...Per esempio: nel vecchio seminario avevano ristrutturato la cappella e c'era ancora da trovare chi potesse contribuire per le vetrate.. E noi abbiamo fatto la nostra raccolta ... alla fine è arrivato anche lui con la sua busta a cui unì un biglietto con scritto: "Contribuisco anch'io per la vetrata del seminario. Sono denari lasciatimi in eredità da mio papà e sono gli ultimi. Deo gratias!".
Don Stefano un prete eroico nel fidarsi ciecamente dell'amore del Signore.
“...Ricordo che, nel guidare il nostro cammino spirituale, diceva: "A Gesù o si da tutto o si da niente..."
“...L'eroicità della virtù di Don Stefano non è stato un momento di generosità, ma una vita tutta generosa... l'eroicità sta in questa abituale accettazione del sacrificio, un’ accettazione costante della volontà di Dio...”
“...E allora il Signore ha ispirato don Gerbaudo e lui ha accettato questa ispirazione.
“La mia vita serve più da vivo o da sacrificato nel letto del dolore e della malattia? “ E ha detto: “Io la offro per i chierici, per i sacerdoti, per noi – le Cenacoline”.
Soprattutto quando c’era qualche caso difficile, sapeva offrire e dire: “Signore, prendi qualche cosa di me, dallo a lui o a lei”.
Ecco, ha saputo mettersi nelle mani del Signore per essere spezzettato, per essere frantumato, per essere donato. Questa è stata la vita, direi il culmine della vita di don Stefano, che è come il culmine della vita di Gesù: la croce. La croce non è solo un legno, ma è anche un letto...”
“...Intanto Don Lingua e Don Cavallo partirono in motocicletta diretti a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio, per implorare la guarigione di Don Stefano. Alla richiesta parve che Padre Pio subito non desse retta, ma dietro l'insistenza di Don Lingua, a un certo momento, Padre Pio rispose: "Lasciate che si compia la volontà di Dio: è lui che si è offerto al Signore". Al ritorno Don Lingua si precipitò in clinica. Per caso io ero lì, quindi l'ho visto. Naturalmente vedendo arrivare Don Lingua io sono uscita, ma poi... quanto dico lui stesso me l'ha raccontato, Don Lingua stesso. Si avvicinò al letto e con voce che non ammetteva tentennamenti disse...: "Padre, lei si è offerto vittima". Don Stefano restò sorpreso e rispose con parole vaghe. Allora Don Lingua, con accento imperioso... ebbe anche coraggio... gli puntò il dito e gli disse: "Padre, o è bugiardo lei sul letto di morte o è bugiardo Padre Pio". Non potendo ormai sfuggire alla verità Don Stefano rispose a mezza voce: "Sì, mi sono offerto per i miei chierici e per la mia famiglia spirituale"....
“...Ecco, io penso che don Gerbaudo, da quando era Stefano ragazzo, non abbia mai detto di no al Signore.
Mi sono fatto questa idea. Da quando, per esempio, la sera tardava ad andare a dormire sul fienile. E che cosa faceva? Dicono che diceva: "Al ben", il bene, cioè le preghiere, quelle della sera e del mattino, perché al mattino doveva mungere le mucche e non avrebbe avuto tempo...”
“...Ecco, già da quel momento lui non diceva di no al Signore, che gli chiedeva queste piccole cose. E poi andando avanti il Signore gli ha chiesto moltissimo. Alla fine gli ha chiesto la sofferenza, quella atroce del cancro alla colonna vertebrale...”
“...Sì, lo spirito di sacrificio, questa disposizione al sacrificio lo ha accompagnato per tutta la vita, non è mai venuta meno...”
“...Don Stefano è un prete che andrebbe bene in qualsiasi momento. La ricchezza interiore di quest'uomo andrebbe benissimo anche adesso...”